Ecco una stupenda lettera di un padre per il figlio:

Se un giorno mi vedrai vecchio: se mi sporco quando mangio e non riesco a vestirmi … abbi pazienza, ricorda il tempo che ho trascorso ad insegnartelo.

Se quando parlo con te ripeto sempre le stesse cose … non mi interrompere … ascoltami, quando eri piccolo dovevo raccontarti ogni sera la stessa storia finché non ti addormentavi.

Quando non voglio lavarmi non biasimarmi e non farmi vergognare … ricordati quando dovevo correrti dietro inventando delle scuse perché non volevi fare il bagno.

Quando vedi la mia ignoranza per le nuove tecnologie, dammi il tempo necessario e non guardarmi con quel sorrisetto ironico ho avuto tutta la pazienza per insegnarti l’abc; quando ad un certo punto non riesco a ricordare o perdo il filo del discorso … dammi il tempo necessario per ricordare e se non ci riesco non ti innervosire ….. la cosa piú importante non é quello che dico ma il mio bisogno di essere con te ed averti li che mi ascolti.

Quando le mie gambe stanche non mi consentono di tenere il tuo passo non trattarmi come fossi un peso, vieni verso di me con le tue mani forti nello stesso modo con cui io l’ho fatto con te quando muovevi i tuoi primi passi.

Quando dico che vorrei essere morto … non arrabbiarti un giorno comprenderai che cosa mi spinge a dirlo. Cerca di capire che alla mia età non si vive, si sopravvive.

Un giorno scoprirai che nonostante i miei errori ho sempre voluto il meglio per te che ho tentato di spianarti la strada. Dammi un pó del tuo tempo, dammi un pó della tua pazienza, dammi una spalla su cui poggiare la testa allo stesso modo in cui io l’ho fatto per te.

Aiutami a camminare, aiutami a finire i miei giorni con amore e pazienza in cambio io ti darò un sorriso e l’immenso amore che ho sempre avuto per te.

Ti amo figlio mio. 

Qualcuno conosce l'autore di questa lettera per dare il merito?

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MIOTTOs DESEMBARCADOS NO RIO DE JANEIRO

FAMÍLIAS COM MIOTTOs DENTRE SEUS MEMBROS DESEMBARCADAS EM SÃO PAULO

E ALLA FINE IL BRASILE SUPERO’ L’ITALIA!

La grande opportunità di un Brasile sempre più forte per un’Italia sempre più debole…

Pochi osservatori politici (in Italia come in Brasile), ma anche pochi organi di informazione, hanno dato rilievo ad una notizia apparentemente minore ma a mio parere estremamente indicativa: il Brasile ha superato l’Italia nella classifica dei paesi più ricchi del mondo. Sì, è proprio così: il PIL brasiliano è superiore all’equivalente indicatore della ricchezza complessiva italiana. Non è, ripeto, un fatto di poco conto. Sembra trascorso quasi un secolo, e non pochi decenni, da quando – erano gli anni ’80 - l’Italia mirava ad essere la quinta o sesta potenza economica mondiale; in quegli stessi anni il Brasile non si avvicinava nemmeno lontanamente alle prime dieci posizioni e sembrava destinato a rimanere quel “Paese del futuro” descritto da tanti, ma di un futuro ancora indefinito e distante.
Per gli operatori economici e gli analisti dei sistemi politico-finanziari internazionali, invece, questa notizia non è affatto una sorpresa. Anzi, potremmo dire, è una “non notizia”, vale a dire un fatto ampiamente prevedibile e per questo ripetutamente annunciato.

Dove sta allora la notizia? Nel fatto, per esempio, che il Brasile sia l’unico Paese emergente del mondo dove vive una rilevantissima comunità di origine italiana. Proprio così: crescono infatti a ritmi simili e conquistano analogamente posizioni di punta nelle classifiche economiche altre potenze emergenti come la Cina, l’India o la Russia. In nessuno di questi Paesi vive però una comunità di oltre trenta milioni di cittadini di origine italiana. In nessuno di questi Paesi l’Italia può contare su di un contingente di oltre trecentomila cittadini italiani, che in Brasile sarebbero oggi almeno più del doppio se una lenta e complessa procedura per il riconoscimento della cittadinanza italiana e una inadeguata rete consolare non avessero in questi anni contribuito a rallentare e quasi impedire di fatto la naturale definizione di tantissimi processi.

L’Italia (intesa come istituzione) non sembra aver colto appieno tale unica e inedita opportunità; con qualche sporadica eccezione, politici e diplomatici hanno affrontato in questi anni questo tema più come un “problema” che non come una “opportunità”, nonostante fosse sotto gli occhi di tutti che a richiedere il riconoscimento “ius sanguinis” della cittadinanza italiana – così come previsto dalla legge – erano in grandissima maggioranza persone e famiglie interessate all’Italia (ed al suo passaporto) non per riceverne un’elemosina o una improbabile assistenza ma per recuperare orgogliosamente un legame di sangue, e magari per beneficiarsi dei “vantaggi” del nuovo documento di viaggio ottenuto. Vantaggi, ad essere sinceri, probabilmente più interessanti per un Paese come il nostro, che anno dopo anno perde posizioni nella classifica del turismo internazionale oltre che in quella altrettanto implacabile del Prodotto Interno Lordo.

Chi infatti dovrebbe avere più interesse nel mantenere e rafforzare tale vincolo esistente e fondato sulla grandissima comunità dei doppi-cittadini? Il Brasile, che cresce ad un ritmo del 7-9% e che tra qualche anno sarà il quinto o sesto gigante economico del pianeta o l’Italia che vive una delle sue più serie crisi economiche, dove a fatica si raggiunge l’1% di sviluppo annuo e il livello di disoccupazione in alcune regioni è intorno al 20% ?

E’ chiaro che una politica che comprendesse nella sua intera potenzialità tale fenomeno non dovrebbe limitarsi al semplice rilascio di un passaporto. Occorrerebbe interrogarsi sulle modalità di integrazione socio-culturale dei nuovi cittadini, con un corrispondente investimento non solo nel necessario rafforzamento dei servizi consolari ma anche dei programmi di diffusione della lingua e della cultura italiana unitamente ad una piena valorizzazione del sistema di rappresentanza territoriale delle nostre collettività residenti all’estero, a partire dal ruolo dei Comites. Questi ultimi dovrebbero vedere così rafforzate le funzioni insieme ad un potenziamento di quei mezzi e di quelle strutture minime per essere non solo percepiti ma anche azionati come veri e propri motori di quella cittadinanza attiva che – a partire dalle giovani generazioni italiane all’estero – potrebbe contribuire a rivitalizzare in un proficuo legame con l’Italia il futuro economico ma anche politico del Paese.

Scrivere queste cose all’indomani dell’approvazione della manovra finanziaria correttiva proposta dal governo Berlusconi e approvata dal Parlamento sembra quasi un’eresia. Invece non lo è. Se infatti dobbiamo avere il coraggio di dire che è giusto tagliare, risparmiare, ridurre gli sprechi e diminuire la spesa pubblica per allineare l’Italia ai giusti vincoli imposti dall’Europa, altrettanto coraggio dobbiamo avere nel denunciare la miopia (e a volte l’arrogante ignoranza) di chi si ostina a non vedere come la via maestra della crescita e della ripresa dell’economia italiana passa anche dal rilancio della presenza di questo grande Paese sulla scena internazionale, rafforzandone le proprie strutture di rappresentanza istituzionale (Ambasciate e Consolati), quelle di rappresentanza politica (Comites e Cgie) e – soprattutto – credendo e investendo nella maggiore risorsa che abbiamo e che gli altri non hanno e forse ci invidiano: gli italiani nel mondo!
Fábio Porta.